Implantologia post-estrattiva: regione 3.4 e 3.5 - Parte 1

Donato Grampone

Il Tootor Donato Grampone in questo video ci spiega un caso di implantologia post-estrattiva eseguita in regione 3.4 e 3.5.

Nella zona del primo premolare è presente un gap osseo che viene colmato con l’utilizzo di un innesto granulare e con l’applicazione di una membrana in collagene mediante poncho technique.

Impianti post-estrattivi: differenze tra immediato e tardivo in mandibola

Impianti post-estrattivi: l'importanza del timing in mandibola

Nella pianificazione degli impianti post-estrattivi in mandibola, la scelta tra un impianto post-estrattivo immediato e un impianto post-estrattivo tardivo è determinante. Questo passaggio influenza la stabilità primaria della mandibola, i tempi complessivi del trattamento e la predicibilità della riabilitazione protesica (Esposito, 2010;).

Nei settori degli impianti premolari, come le zone 3.4 e 3.5, entrano in gioco variabili anatomiche cruciali:

Nei settori premolari mandibolari (3.4–3.5), la gestione dell'alveolo è particolarmente complessa. Gli impianti premolari post-estrattivi richiedono una valutazione attenta dello spazio mesio-distale, del forame mentoniero e del parallelismo implantare. Una pianificazione digitale con CBCT permette di prevenire complicanze e di ottenere un profilo di emergenza favorevole, migliorando la predicibilità protesica.

In questi scenari, l'utilizzo del maschiatore per impianti cilindrici e una corretta gestione della sotto-preparazione diventano fattori chiave per ottenere torque e stabilità ottimali, soprattutto quando si lavora in osso denso mandibolare, dove il rischio di sovra-preparazione è più elevato (Atieh, 2010).

Pianificazione degli impianti post-estrattivi: i fattori da valutare

Prima di inserire un impianto post-estrattivo immediato o un impianto post-estrattivo tardivo in mandibola, la fase di pianificazione è cruciale per ottenere la massima predicibilità e una buona stabilità primaria della mandibola. I punti fondamentali da considerare sono:

Anche nei settori premolari della mandibola, il parallelismo tra gli impianti facilita le impronte e aumenta la predicibilità protesica. Lo stesso principio, applicato a casi molto più complessi, è stato mostrato dal tootor Mauro Merli nel video " Riabilitazione mascellare totale in chirurgia guidata – Parte 1", dove la progettazione digitale e l'uso della dima hanno reso possibile una riabilitazione predicibile anche in mascellare atrofico.

Impianti post-estrattivi: criteri per scegliere tra immediato e tardivo

La scelta tra un impianto post-estrattivo immediato e un impianto post-estrattivo tardivo rappresenta uno dei momenti più delicati nella pianificazione implantare. Entrambe le opzioni possono garantire buoni tassi di sopravvivenza, ma il successo dipende dalle condizioni cliniche locali e dalla possibilità di ottenere una stabilità primaria della mandibola adeguata.

Quando preferire l'impianto post-estrattivo immediato

L'inserimento immediato è indicato quando:

L'immediato riduce il numero di sedute, abbrevia i tempi di trattamento e limita la morbilità complessiva. Tuttavia, richiede un fresaggio estremamente preciso, soprattutto nei settori degli impianti premolari, dove il rischio di derapaggio vestibolare è elevato (Esposito, 2010).

Diversi studi hanno segnalato che, rispetto al posizionamento in siti guariti, l'impianto post-estrattivo immediato può presentare un leggero aumento del rischio di complicanze e fallimenti precoci, in particolare nei settori molari o quando il tavolato vestibolare è compromesso (Esposito, 2010).

La riduzione dei tempi di trattamento è uno dei principali vantaggi degli impianti post-estrattivi, purché sia garantita la stabilità primaria. Questo approccio non riguarda solo la mandibola, come dimostra il caso clinico del tootor Giuliano Garlini nel video " Impianti post-estrattivi: l'ottimizzazione dei tempi", dove in area 1.5–1.6 è stato possibile posizionare impianti immediati contestualmente a un rialzo di seno mascellare.

Quando preferire l'impianto post-estrattivo tardivo

L'approccio ritardato o tardivo viene scelto quando:

Il tardivo consente l'inserimento di impianti a diametro maggiore (ad esempio wide-diameter), facilitando la creazione di un profilo di emergenza più controllato e funzionale (Atieh, 2010). Inoltre, nei settori posteriori mandibolari, diversi studi riportano risultati predicibili e stabili nel lungo termine (Cannizzaro, 2013).

Tecnica chirurgica essenziale in mandibola (3.4–3.5)

Dopo anestesia plessica vestibolare, linguale e in cresta, si esegue un'incisione a spessore totale leggermente lingualizzata con scollamento atraumatico: questa scelta aiuta a salvaguardare il tavolato vestibolare e a lavorare con visibilità, limitando la morbilità. Durante le manovre si mantengono i lembi protetti (suture divaricanti) e si effettuano i controlli radiografici necessari, ricordando che la CBCT rimane lo standard per mappare canale mandibolare e forame mentoniero in vista delle lunghezze sicure (Pelé, 2021; Sheikhi, 2015).

Nel sito 3.4, gestito come impianto post-estrattivo immediato, l'estrazione deve essere atraumatica con accurato curettage dell'alveolo. L'ingresso con fresa lanceolata richiede irrigazione abbondante e controllo dell'asse per evitare derapaggi vestibolari; la successiva sequenza di frese calibrate è scandita da verifiche ripetute con parallelometri e radiografie intraoperatorie. In osso denso (D1-D2) una moderata sotto-preparazione del sito aumenta il torque iniziale e migliora l'ancoraggio meccanico dell'impianto (Alghamdi, 2011; Comuzzi, 2023).

Il sito 3.5 è stato pianificato come impianto post-estrattivo tardivo per gestire uno spazio mesio-distale maggiore; dopo la preparazione progressiva si può impiegare il maschiatore per impianti cilindrici quando il dispositivo non è autofilettante, così da controllare l'ingaggio corticale e prevenire eccessi di torque. Le indicazioni del produttore specificano l'uso del screw tap in osso denso e per impianti non self-tapping (Nobel Biocare, 2023-NobelPearl Procedures Manual; Nobel Biocare, IFU NobelActive/Guided "Dense Bone Screw Tap").

L'uso del maschiatore per impianti cilindrici è particolarmente indicato in mandibola con osso denso. Questo strumento consente di calibrare l'ingaggio corticale e ridurre il rischio di fratture microstrutturali, migliorando la distribuzione delle forze e la stabilità primaria.

Per la scelta del diametro (ad esempio corpi wide in 3.5), il bilanciamento tra stabilità primaria e profilo di emergenza si fonda su tre elementi: densità ossea, diametro dell'impianto e protocollo di preparazione. Evidenze biomeccaniche mostrano che densità e diametro influenzano in modo prevalente i valori di torque, mentre l'over-preparation lo riduce; in D1-D2 l'under-drilling controllato è spesso vantaggioso (Huang, 2023;Stoilov, 2025).

Infine, la procedura si chiude con controlli intraoperatori di parallelismo e profondità, seguiti dalla misurazione di torque e/o ISQ per confermare la stabilità iniziale e prevenire difficoltà protesiche successive. Nei siti post-estrattivi molari, dove l'ancoraggio è più impegnativo, studi clinici sottolineano l'importanza di criteri di stabilità rigorosi, dato che la sopravvivenza può essere inferiore se i requisiti meccanici non sono soddisfatti (Meijer, 2020).

Il controllo dell'asse implantare e il parallelismo tra gli impianti nei settori 3.4-3.5 sono fondamentali per evitare complicanze: guarda come vengono gestiti questi aspetti nella serie con Luigi Rubino "Riabilitazione arcata inferiore con chirurgia guidata", dove la progettazione digitale e la dima guidata aiutano a trasferire con precisione il progetto virtuale nella fase chirurgica.

Errori comuni da evitare negli impianti post-estrattivi

Anche con una corretta pianificazione, nella chirurgia degli impianti post-estrattivi esistono alcuni errori ricorrenti che possono compromettere il risultato clinico.

Uno dei più frequenti è l'inclinazione vestibolare involontaria durante il fresaggio iniziale con la fresa lanceolata. L'alveolo post-estrattivo, infatti, offre spesso un eccesso di gioco che porta la punta a scivolare in direzione vestibolare: questo può ridurre il volume residuo del tavolato e creare difficoltà protesiche (Stacchi, 2017 link).

Altro errore riguarda la sovra-preparazione del sito implantare, soprattutto in caso di impianti cilindrici non autofilettanti. In mandibola, caratterizzata spesso da osso denso (D1–D2), il rischio è quello di ridurre la stabilità primaria della mandibola se il letto viene fresato troppo ampio. In questi casi, l'uso calibrato del maschiatore per impianti cilindrici secondo le indicazioni del produttore diventa decisivo per garantire un torque adeguato (Nobel Biocare, 2023).

Infine, un aspetto spesso sottovalutato è la verifica del forame mentoniero. Trascurarne la localizzazione o adottare margini di sicurezza insufficienti può comportare complicanze neurologiche post-operatorie. L'impiego della CBCT per definire distanza e varianti anatomiche rimane la strategia più sicura e raccomandata (Sheikhi, 2015).

Conclusioni sugli impianti post-estrattivi

La gestione degli impianti post-estrattivi in mandibola, e in particolare nei settori premolari 3.4–3.5, richiede un equilibrio tra precisione chirurgica e visione protesica. La scelta tra impianto post-estrattivo immediato e impianto post-estrattivo tardivo, unita all'attenzione verso dettagli come parallelismo, uso del maschiatore e verifica anatomica, rappresenta la chiave per una riabilitazione predicibile.

Se vuoi approfondire la tecnica chirurgica e vedere tutti i passaggi operativi in mandibola, accedi a Tootor e guarda il caso clinico completo di Donato Grampone: " Implantologia post-estrattiva regione 3.4 e 3.5 parte 1".

Nel video troverai la gestione pratica di un impianto post-estrattivo immediato in sede 3.4 e di un impianto post-estrattivo tardivo in 3.5, con focus su stabilità primaria, uso del maschiatore e criteri di parallelismo.

FAQ

  1. Quali sono le differenze principali tra impianto post-estrattivo immediato e tardivo in mandibola?
    L'impianto post-estrattivo immediato viene inserito subito dopo l'estrazione, riducendo sedute e tempi complessivi, ma richiede un alveolo integro e la possibilità di ottenere una buona stabilità primaria della mandibola. L'impianto post-estrattivo tardivo, invece, viene posizionato dopo un periodo di guarigione dei tessuti e offre maggiore predicibilità in casi complessi o con difetti ossei.
  2. Quando è preferibile scegliere un impianto post-estrattivo immediato?
    L'immediato è indicato se l'alveolo non presenta deiscenze, il tavolato vestibolare è preservato e si può ottenere un torque adeguato. Nei settori degli impianti premolari, consente di limitare la morbilità e ridurre i tempi complessivi di trattamento.
  3. In quali casi è consigliato un impianto post-estrattivo tardivo?
    L'approccio tardivo è preferibile quando l'alveolo presenta difetti, in caso di agenesie o spazi mesio-distali ampi, oppure quando la qualità ossea non permette un ancoraggio primario sicuro. In questi scenari è possibile utilizzare impianti a diametro maggiore (wide), ottenendo un profilo di emergenza più controllato.
  4. Come si ottiene una buona stabilità primaria della mandibola negli impianti post-estrattivi?
    La stabilità primaria dipende da tre fattori principali: qualità e densità ossea (spesso D1–D2 in mandibola), diametro dell'impianto e tecnica di preparazione. Una sotto-preparazione calibrata del sito e l'uso corretto del maschiatore per impianti cilindrici aiutano a ottenere un torque ottimale.
  5. Qual è il ruolo del maschiatore per impianti cilindrici?
    Il maschiatore serve a preparare il sito in osso denso per gli impianti non autofilettanti. Permette di calibrare l'ingaggio, ridurre il rischio di microfratture corticali e distribuire meglio le forze, evitando di compromettere la stabilità primaria.
  6. Perché la CBCT è fondamentale nella pianificazione degli impianti post-estrattivi?
    La CBCT consente di localizzare con precisione il canale mandibolare e il forame mentoniero, stimando le distanze di sicurezza. Inoltre, permette di valutare lo spessore del tavolato osseo e lo spazio mesio-distale disponibile, riducendo il rischio di complicanze chirurgiche.