Charting

Federica Ugolini

Avere una visione di insieme delle condizioni parodontali del paziente e poterle valutare nel tempo risulta molto utile. A questo scopo la compilazione della cartella parodontale deve essere fatta con molta precisione, evidenziando le zone di maggior criticità. In questo video la tootor Federica Ugolini ci mostra come farlo correttamente, segnalando tutti i parametri che devono essere valutati.

Charting parodontale: una guida pratica su sondaggio e cartella parodontale

Cos'è la cartella parodontale e perché è fondamentale

La cartella parodontale è il documento clinico che consente di registrare in maniera sistematica lo stato parodontale del paziente, creando una baseline diagnostica essenziale. Attraverso il charting parodontale, l'odontoiatra ottiene dati fondamentali per:

Uno degli strumenti digitali più diffusi è il Periodontal Chart Online, che permette di registrare fino a sei siti per dente o per impianto, evidenziando automaticamente parametri come profondità di tasca, indice di placca e sanguinamento al sondaggio. Questo consente di ottenere un quadro clinico chiaro, standardizzato e facilmente confrontabile nel tempo.

In sintesi, cosa è importante ricordare? La cartella parodontale rappresenta la "fotografia iniziale" della salute parodontale, ed è uno strumento diagnostico, terapeutico e comunicativo. Il Periodontal Chart Online rende la compilazione più intuitiva e precisa, migliorando il follow-up clinico.

Prima di iniziare: setup corretto della cartella parodontale

Prima di eseguire il sondaggio parodontale, è fondamentale impostare correttamente la cartella parodontale. Una compilazione ordinata riduce gli errori e rende le rivalutazioni cliniche più affidabili.

Gli elementi fondamentali nella compilazione sono:

Un aspetto cruciale riguarda la standardizzazione del sondaggio parodontale, che deve essere eseguito sempre con la stessa sonda (es. sonda UNC-15 o sonda di Nabers per le forcazioni), applicando una pressione di circa 20–25 g e seguendo un ordine fisso dei siti (mesiobuccale → centrobuccale → distobuccale → mesiolinguale → centrolinguale → distolinguale).

Questa sequenza riduce la variabilità intra-operatore e rende più affidabili le misurazioni cliniche (Ainamo & Bay, 1975; Lang & Tonetti, 2003).

Punti chiave da tenere a mente:

Sequenza consigliata per il charting parodontale (step-by-step)

1) Indice di placca: come registrarlo nella cartella parodontale

L'indice di placca è il primo dato da registrare nella cartella parodontale. Si rileva in maniera dicotomica (placca presente/sì o assente/no) su sei siti per ogni dente: tre buccali e tre linguali/palatali. Questo parametro permette di valutare l'igiene orale del paziente e il suo livello di collaborazione.

Lo O'Leary Plaque Control Record (O'Leary et al., 1972) rimane lo strumento di riferimento: calcolando la percentuale totale e quella suddivisa per quadrante, è possibile individuare aree di criticità e misurare i progressi nel tempo.

Valori superiori al 20% indicano una scarsa igiene e la necessità di rinforzare l'educazione del paziente.

2) Sondaggio parodontale e profondità di tasca (PD): valori clinici e soglie

La profondità di tasca rappresenta il parametro clinico più utilizzato nel sondaggio parodontale. Viene misurata in sei siti per dente con la sonda millimetrata, mantenendo una pressione costante di circa 20–25 g.

Molti software evidenziano automaticamente i valori ≥4 mm, ma clinicamente l'attenzione principale si concentra sulle tasche ≥5 mm, che indicano la necessità di trattamento attivo.

Non è raccomandato calcolare una media del PD a livello di bocca: la malattia parodontale è sito-specifica, quindi ogni tasca va valutata singolarmente (Ainamo & Bay, 1975).

L'interpretazione corretta del PD consente di distinguere tra pazienti da mantenere in controllo e pazienti da avviare a terapia causale o chirurgica.

3) Bleeding on Probing (BOP): ruolo nel charting parodontale e nel mantenimento

Il sanguinamento al sondaggio (BOP) è un indice clinico semplice ma estremamente utile. Si registra su sei siti per dente (sì/no) contestualmente al sondaggio.

La sua assenza è un indicatore prognostico di stabilità clinica, mentre percentuali elevate indicano un'infiammazione attiva. Diversi studi dimostrano che un paziente senza BOP ha un rischio molto basso di progressione della malattia.

Il target clinico in fase di mantenimento è di mantenere il BOP <20%, soglia che indica un buon controllo (Lang & Tonetti, 2003).

Il BOP, insieme all'indice di placca, è uno dei parametri più efficaci da condividere con il paziente per motivarlo.

4) Forcazioni Hamp: classificazione e uso della sonda di Nabers

La registrazione delle forcazioni è fondamentale per identificare siti con prognosi più complessa. Si valutano soltanto gli elementi pluriradicolati (molari superiori e inferiori, primi premolari superiori) utilizzando la sonda di Nabers.

Il sistema più utilizzato è quello di Hamp, Nyman & Lindhe (Hamp et al., 1975 – PubMed):

Nei molari superiori vanno registrate le forcazioni vestibolare, mesiale e distale; negli inferiori vestibolare e linguale. Questa classificazione aiuta nella pianificazione chirurgica e nella valutazione della prognosi a lungo termine.

5) Mobilità dentale: classificazione clinica e rilevanza diagnostica

La valutazione della mobilità dentale completa il quadro clinico e va sempre registrata nella cartella. Si distinguono tre gradi:

Questo parametro è influenzato da fattori parodontali, occlusali e traumatici. Anche se le classificazioni possono variare leggermente, l'importante è mantenere costanza all'interno dello studio.

La mobilità è un dato utile anche per spiegare al paziente la gravità della situazione clinica.

6) Recessione gengivale e margine gengivale: la classificazione di Cairo

Il Gingival Margin si registra in mm su sei siti, segnando valori negativi in caso di recessione gengivale. Questo parametro permette di calcolare la perdita di attacco clinico (CAL), fondamentale per definire la gravità della malattia.

Per approfondire la gestione clinica delle recessioni gengivali, ti consigliamo di guardare anche il video "Trattamento recessioni gengivali, II e III quadrante" con Gema Maeso Mena, dove vengono eseguiti innesti tissutali per aumentare spessore e altezza gengivale.

La classificazione più aggiornata è quella di Cairo (2011), che distingue tre tipologie:

Questo sistema offre una migliore predicibilità terapeutica rispetto alla vecchia classificazione di Miller.

Per un esempio clinico concreto di trattamento dei difetti parodontali, puoi guardare anche il video "Trattamento di difetti parodontali multipli" della nostra tootor Gema Maeso, in cui vengono affrontati casi di recessione gengivale, difetti estetici vestibolari e gestione dei primi segni di perimplantite.

7) Flag degli impianti nella cartella parodontale: perché distinguerli dai denti naturali

Durante il charting è importante distinguere denti naturali da impianti. Gli impianti infatti hanno parametri clinici propri e indici diagnostici specifici per mucosite e perimplantite.

Il Periodontal Chart Online consente di contrassegnare gli impianti con icone dedicate, rendendo il report più chiaro e facilitando il monitoraggio a lungo termine.

Una gestione separata dei dati migliora la precisione diagnostica e riduce il rischio di confusione nei follow-up.

Dal riassunto della cartella parodontale alla diagnosi

Una volta completato il charting parodontale, il software genera un riassunto clinico che consente di interpretare rapidamente i dati raccolti. Gli indicatori più significativi da leggere sono:

Per tradurre questi dati in una diagnosi condivisibile, è consigliabile uniformarsi alla Classificazione 2018 di EFP/AAP, che introduce lo staging e grading della parodontite e le categorie per le condizioni peri-implantari (Tonetti et al., 2018). Questo permette di ottenere documenti clinici coerenti, comparabili nel tempo e utilizzabili per eventuali invii o consulenze specialistiche.

Per un approfondimento sull'inquadramento diagnostico e sulla gestione del paziente parodontale, puoi guardare anche il nostro T-Talk "L'inquadramento diagnostico e la gestione di pazienti con problematiche parodontali" con Magda Mensi.

In sintesi, gli elementi da tenere d'occhio a seguito del sondaggio parodontale sono:

Errori da evitare nella compilazione della cartella parodontale

Durante il charting parodontale e il sondaggio parodontale, la precisione è fondamentale. Una cartella compilata in modo scorretto può compromettere non solo la diagnosi, ma anche il piano terapeutico e la comunicazione con il paziente. Alcuni errori sono particolarmente frequenti:

  1. Saltare i siti o invertire i quadranti
    Ogni dente va sondato in sei punti (mesiobuccale, centrobuccale, distobuccale, mesiolinguale, centrolinguale, distolinguale). Saltarne uno o invertire la sequenza crea dati incompleti e rende le rivalutazioni non comparabili. La regola è seguire sempre un ordine fisso.
  2. Pressione di sondaggio incoerente
    L'uso della sonda richiede una forza standard di circa 20–25 g (Ainamo & Bay). Una pressione eccessiva può generare falsi valori di profondità di tasca (PD) o provocare sanguinamenti non reali; una pressione troppo lieve rischia invece di sottostimare la reale estensione della tasca.
  3. Mancato flag degli impianti
    Non contrassegnare gli impianti nella cartella parodontale genera confusione: i parametri clinici e i valori di riferimento sono diversi rispetto ai denti naturali. Questo errore può portare a diagnosi sbagliate di mucosite o perimplantite;
  4. Mediar e i valori di PD sull'intera bocca
    Fare la media della profondità di tasca non ha valore clinico: la malattia parodontale è sito-specifica e ogni tasca deve essere interpretata singolarmente. Parlare di "media PD 3,5 mm" è fuorviante perché nasconde i siti realmente critici (≥5 mm).
  5. Rivalutazioni non comparabili
    Cambiare strumento, sonda o sequenza di rilevazione rende impossibile confrontare i dati nel tempo. Per valutare i progressi, è essenziale replicare esattamente le condizioni della misurazione iniziale, utilizzando la stessa sonda e la stessa piattaforma digitale di registrazione.

Evitare questi errori significa avere una cartella parodontale affidabile, utile non solo per la pianificazione clinica ma anche per la comunicazione efficace con il paziente.

Come spiegare i risultati della cartella parodontale al paziente

Una delle sfide più importanti del charting parodontale non è solo raccogliere i dati clinici, ma saperli comunicare in modo chiaro al paziente. La comprensione dei risultati aumenta la motivazione, migliora la compliance e riduce il rischio di recidiva.

Il linguaggio tecnico del sondaggio parodontale va tradotto in concetti semplici e visivi. Alcuni approcci efficaci:

In questo modo, la cartella parodontale diventa non solo un registro clinico, ma uno strumento educativo e motivazionale, capace di trasformare il paziente da spettatore passivo a parte attiva della terapia.

Dalla cartella parodontale alla pratica clinica: il tutorial di Federica Ugolini

Nel video disponibile su Tootor, Federica Ugolini mostra passo dopo passo come utilizzare il Periodontal Chart Online per una corretta compilazione della cartella parodontale. Dopo aver impostato i dati del paziente ed eliminato gli elementi assenti, Federica illustra come registrare le misurazioni a sei siti per dente:

La parte conclusiva del video sottolinea un concetto chiave: le percentuali di placca e di BOP sono gli indici più significativi per valutare igiene orale, compliance e grado di infiammazione nel tempo. Sono quindi i parametri da monitorare con maggiore attenzione sia nella diagnosi iniziale sia nelle fasi di rivalutazione.

Il charting parodontale non è soltanto un esercizio di registrazione numerica, ma uno strumento clinico ed educativo che aiuta il team odontoiatrico a pianificare terapie efficaci e il paziente a comprendere meglio la propria situazione parodontale.

Vuoi vedere nel dettaglio come si compila la cartella parodontale e come interpretare correttamente un sondaggio parodontale? Accedi a Tootor e guarda il video di Federica Ugolini "Charting".

FAQ

  1. Cos'è il charting parodontale e perché è fondamentale nella pratica clinica?
  2. Il charting parodontale è la registrazione sistematica di parametri come profondità di tasca, indice di placca, BOP, mobilità dentale, recessioni gengivali e forcazioni Hamp. Consente di creare una baseline, pianificare il trattamento e monitorare nel tempo i risultati terapeutici.

  3. Come eseguire correttamente un sondaggio parodontale?
  4. Il sondaggio parodontale va effettuato con una sonda calibrata, registrando i valori in sei siti per dente. È essenziale mantenere una pressione costante (20–25 g) per evitare falsi positivi/negativi e seguire una sequenza fissa. Questo garantisce dati confrontabili nelle rivalutazioni.

  5. Quali parametri devono essere inclusi in una cartella parodontale completa?
  6. Una cartella parodontale deve contenere: indice di placca, profondità di tasca (PD), BOP, grado di mobilità dentale, valutazione delle forcazioni Hamp con sonda di Nabers, registrazione del margine gengivale per individuare le recessioni gengivali e contrassegno degli impianti.

  7. Qual è il ruolo dell'indice di placca nella valutazione parodontale?
  8. L'indice di placca è un parametro dicotomico (sì/no) che misura la presenza di placca in sei siti per dente. Lo O'Leary Plaque Control Record è lo standard di riferimento: valori superiori al 20% indicano scarsa igiene e necessità di rinforzo motivazionale per il paziente.

  9. Come si classificano le forcazioni Hamp e quale sonda utilizzare?
  10. Le forcazioni Hamp si classificano in tre gradi (I: ingresso <3 mm; II: sondabilità >3 mm senza passaggio completo; III: passaggio completo). Lo strumento dedicato è la sonda di Nabers, che consente una rilevazione accurata nei molari pluriradicolati.

  11. Come valutare e classificare una recessione gengivale nella cartella parodontale?
  12. La recessione gengivale si registra come valore negativo del margine gengivale rispetto alla giunzione amelo-cementizia. La classificazione più aggiornata è quella di Cairo (2011), che distingue RT1, RT2 e RT3, utile per prevedere la predicibilità di copertura radicolare.