Impianti short e ultra-short in implantologia: tecnica chirurgica e vantaggi clinici
L’implantologia moderna ha sviluppato soluzioni sempre più innovative per trattare i pazienti con osso ridotto o limitata altezza crestale. Tra queste, un ruolo di primo piano è ricoperto dagli impianti short e ultra-short, dispositivi endossei progettati per offrire stabilità e funzionalità anche in condizioni anatomiche sfavorevoli.
Questi impianti corti dentali, considerati parte integrante dell’implantologia moderna e noti anche come short implant, permettono di affrontare casi complessi in implantologia senza ricorrere a procedure rigenerative invasive, come il rialzo del seno mascellare, grazie a un design che favorisce l’integrazione ossea e la creazione di camere di osteogenesi. L’uso di un impianto corto permette infatti di riabilitare casi complessi, come la monoedentulia, riducendo tempi e rischi operatori.
In questo articolo analizziamo il protocollo clinico adottato dal tootor. Stefano Carelli nel video clinico “Riabilitazione di monoedentulia con short implant”, dedicato all’inserimento di un impianto 4.5x6 mm in posizione 1.5, con focus sulle fasi chirurgiche e sui vantaggi di questa tecnica odontoiatrica basata su una preparazione mirata dell’osteotomia dentale.
Short implant: design innovativo e camere di osteogenesi
A differenza dei tradizionali impianti a vite, lo short implant adottato in questo protocollo non presenta spire ma un design a piattaforme che genera all’interno vere e proprie camere di osteogenesi. Questa configurazione favorisce la neoformazione di osso vitale, altamente funzionale e resistente, in grado di sopportare anche carichi masticatori elevati senza compromettere la stabilità a lungo termine.
L’efficacia clinica degli impianti short e ultra-short è stata confermata da diversi studi. Un ampio studio multicentrico ha riportato una sopravvivenza del 96% per impianti di 6 mm e del 98,9% per quelli di 11 mm dopo cinque anni di follow-up, senza differenze significative fra le due tipologie (PMC, 2021). Analogamente, una meta-analisi pubblicata su Nature ha dimostrato che gli impianti extra-corti (≤ 6 mm) raggiungono tassi di sopravvivenza simili a quelli di ≥ 8 mm, con una ridotta perdita ossea marginale (Nature, 2021).
Anche nei casi di atrofia posteriore mascellare, gli impianti corti si sono rivelati un’alternativa predicibile al rialzo del seno mascellare, con risultati clinici sovrapponibili in termini di stabilità e successo protesico a lungo termine (Wiley, 2023).
Caso clinico di monoedentulia con short implant 4.5x6 mm
Nel caso clinico “Riabilitazione di monoedentulia con short implant”, Stefano Carelli ha eseguito la riabilitazione di una monoedentulia in sede 1.5 attraverso l’inserimento di uno short implant 4.5x6 mm. L’intervento è stato eseguito seguendo un protocollo dedicato agli impianti short, caratterizzato da una preparazione mirata dell’osteotomia dentale e dal posizionamento in sede intramidollare, circa 2 mm al di sotto del margine crestale.
La tecnica adottata non ha previsto avvitamento, ma una compattazione meccanica che consente all’impianto corto di stabilizzarsi in modo predicibile. Durante la preparazione del sito, l’osso autologo è stato recuperato e successivamente riposizionato a protezione del collo implantare, favorendo la formazione di nuove camere di osteogenesi e migliorando la qualità dell’integrazione ossea.
Questo approccio conservativo ha permesso di ottenere una riabilitazione funzionale e stabile senza dover ricorrere a procedure più invasive come il rialzo del seno mascellare, dimostrando come gli impianti short possano rappresentare una soluzione efficace nei casi di ridotta disponibilità ossea. Un approccio simile è stato adottato anche dal tootor Luca De Micheli nel caso “Riabilitazione con short implant, zona 1.6” con short implant 4 × 5 mm, dove la ridotta altezza ossea apico-coronale rendeva impossibile l’utilizzo di un impianto convenzionale.
Short implant: tecnica chirurgica passo dopo passo
- Anestesia e incisione del lembo
- Preparazione del sito implantare
- Controllo del parallelismo e asse di inserzione
- Inserimento dell’impianto corto
- Rigenerazione e sutura
L’intervento con impianti short inizia con un’anestesia plessica vestibolare e palatale, seguita da un’incisione crestale che coinvolge periostio e margini dei denti adiacenti. Particolare attenzione viene posta allo scollamento del periostio, che deve essere mantenuto integro per favorire la guarigione post-operatoria e ridurre complicanze nei casi di monoedentulia.
La preparazione dell’osteotomia dentale avviene a bassa velocità (50 rpm) e senza irrigazione, mediante frese sequenziali con incrementi di 0,5 mm di diametro. Questo protocollo, tipico dello short implant, consente di recuperare l’osso autologo generato durante la fresatura: i frammenti raccolti dalle scanalature delle frese vengono successivamente riposizionati al di sopra del collo implantare, favorendo la formazione di nuove camere di osteogenesi attorno all’impianto corto.
Prima dell’inserimento, si verifica la corretta emergenza protesica e la posizione mesio-distale dell’impianto attraverso pin di parallelismo e radiografia endorale, garantendo così l’ottimizzazione dell’asse implantare e prevenendo errori di orientamento.
L’inserimento non avviene per avvitamento, ma tramite compattazione meccanica, utilizzando un trasportatore in teflon chirurgico e un battitore dedicato. Lo short implant viene posizionato circa 2 mm al di sotto del margine crestale, in sede intramidollare, per massimizzare la stabilità primaria.
Il materiale osseo autologo recuperato viene collocato sul collo implantare, sigillando l’interfaccia e garantendo una post-integrazione protetta. Questa fase è fondamentale per aumentare la predicibilità clinica degli impianti short. Infine, si procede con la sutura dei lembi e con un controllo radiografico endorale per confermare la corretta posizione dell’impianto.
Quando scegliere gli impianti short: indicazioni cliniche
Gli impianti short e ultra-short trovano la loro principale indicazione nei pazienti con monoedentulia in aree posteriori, in presenza di atrofia ossea mascellare o riassorbimento verticale che riduce l’altezza disponibile. Questi impianti corti dentali rappresentano una valida alternativa agli impianti convenzionali, evitando procedure rigenerative complesse come il rialzo del seno mascellare o l’innesto osseo.
Sono particolarmente utili anche nei casi in cui la condizione sistemica del paziente (es. età avanzata, comorbilità, necessità di ridurre i tempi chirurgici) non consenta trattamenti invasivi, offrendo comunque riabilitazioni funzionali e predicibili.
Impianti corti e ultra-corti: vantaggi clinici e predicibilità
Gli impianti short e ultra-short offrono diversi vantaggi clinici elencati di seguito che li rendono una soluzione sempre più utilizzata in implantologia.
- indicazione nei pazienti con osso ridotto: gli impianti corti sono particolarmente indicati nei casi di atrofia ossea o ridotta altezza crestale, dove gli impianti convenzionali richiederebbero procedure rigenerative invasive. Questo li rende molto utili anche nella gestione della monoedentulia in aree posteriori;
- minore invasività chirurgica: grazie alla loro lunghezza ridotta, consentono di evitare procedure complesse come il rialzo del seno mascellare, riducendo tempi operatori, complicanze e morbilità post-chirurgica;
- recupero e riutilizzo di osso autologo: la preparazione dell’osteotomia dentale a bassa velocità permette di raccogliere frammenti ossei che vengono riposizionati attorno al collo implantare. Questo processo stimola nuove camere di osteogenesi, migliorando la stabilità biologica dell’impianto corto;
- alta predicibilità clinica: la letteratura conferma percentuali di sopravvivenza superiori al 95% a lungo termine. a letteratura conferma percentuali di sopravvivenza superiori al 95% a lungo termine. Una meta-analisi di Papaspyridakos et al. (2018) ha riportato tassi di successo compresi tra l’86,7% e il 100% per impianti ≤ 6 mm, con follow-up da 1 a 5 anni. Analogamente, uno studio clinico prospettico di Lombardo et al. (2021) su impianti short e ultra-short con design plateau ha evidenziato tassi di sopravvivenza elevati e stabili anche a 5 anni. Infine, una review sistematica di Thoma et al. (2018) ha confermato che gli impianti corti rappresentano una valida alternativa agli approcci rigenerativi complessi, con risultati sovrapponibili agli impianti convenzionali.
Queste evidenze sono confermate anche dalla pratica clinica. Oltre al caso Carelli su monoedentulia, su Tootor è disponibile il video del tootor Giovanni Ghirlanda, "Riabilitazione di agenesie multiple con short implant – Parte 1”, che mostra come gli impianti short possano essere utilizzati con successo anche in casi complessi di agenesie multiple.
Rispetto agli impianti convenzionali, l’utilizzo degli impianti corti in implantologia consente di ridurre la necessità di rialzo del seno mascellare e innesti ossei complessi, con una predicibilità clinica confermata dalla letteratura scientifica.
In alternativa agli impianti short a carico immediato, nei casi in cui la ridotta altezza ossea richieda un aumento verticale più significativo, è possibile ricorrere a tecniche rigenerative come il rialzo del seno mascellare. Qui trovi il caso di Filippo Fontana “Grande rialzo di seno mascellare contestuale all’inserimento implantare – Parte 1”, in cui l’approccio chirurgico laterale ha consentito l’inserimento di una fixture implantare in zona edentula 2.5.
In sintesi: impianti short e ultra-short
Gli impianti corti e ultra-corti si confermano oggi una soluzione affidabile e conservativa nell’implantologia moderna, in particolare nei pazienti con atrofia ossea mascellare o limitata altezza crestale. Le evidenze cliniche dimostrano che gli short implant garantiscono tassi di sopravvivenza comparabili agli impianti convenzionali anche a lungo termine, rappresentando una valida alternativa.
Grazie alle particolari caratteristiche distintive, gli impianti extra-corti trovano indicazione nei pazienti con atrofia ossea mascellare o riassorbimento osseo verticale, evitando tecniche più complesse come innesti e rialzi di seno mascellare. Il caso clinico “Riabilitazione di monoedentulia con short implant” presentato dal tootor. Stefano Carelli, relativo alla riabilitazione di una monoedentulia con short implant 4.5x6 mm, dimostra come un protocollo chirurgico ben strutturato basato su un’accurata preparazione dell’osteotomia dentale, sul recupero di osso autologo e sulla formazione di nuove camere di osteogenesi consenta di ottenere risultati clinici stabili nel tempo.
La letteratura scientifica conferma come l’uso degli impianti corti garantisca tassi di sopravvivenza superiori al 95% a medio-lungo termine, rendendo lo short implant una valida alternativa agli impianti convenzionali anche in condizioni anatomiche sfavorevoli.
Vuoi approfondire passo dopo passo il protocollo chirurgico? Accedi a Tootor e guarda il video clinico completo “Riabilitazione di monoedentulia con short implant”.
FAQ
- Quali sono le principali indicazioni cliniche degli impianti short e ultra-short?
- Qual è il protocollo chirurgico raccomandato per l’inserimento di uno short implant? Il protocollo prevede:
- anestesia plessica e incisione crestale con scollamento periostale controllato;
- preparazione dell’osteotomia dentale a bassa velocità (50 rpm), senza irrigazione, per favorire il recupero di osso autologo;
- verifica del parallelismo con pin e radiografia endorale;
- inserimento per compattazione meccanica, posizionando l’impianto circa 2 mm al di sotto del margine crestale;
- riposizionamento dell’osso autologo a protezione del collo implantare, con chiusura per prima intenzione.
- Quali vantaggi clinici offrono gli impianti short rispetto alle procedure rigenerative? Gli impianti short consentono di:
- evitare rialzo del seno mascellare o innesti ossei complessi;
- ridurre i tempi chirurgici e la morbilità post-operatoria;
- riutilizzare l’osso autologo raccolto durante la preparazione dell’osteotomia dentale, favorendo nuove camere di osteogenesi;
- garantire stabilità primaria e predicibilità clinica comparabile a quella degli impianti convenzionali.
- In quali casi clinici gli impianti short possono sostituire il rialzo del seno mascellare? Gli impianti short sono particolarmente indicati nei settori posteriori del mascellare superiore, quando l’altezza ossea residua non permette il posizionamento di un impianto convenzionale. In tali condizioni, rappresentano un’alternativa predicibile al rialzo del seno mascellare, garantendo risultati protesici e stabilità ossea comparabili. Tuttavia, nei casi di atrofia severa rimane necessario ricorrere a procedure rigenerative.
- Come si comportano gli impianti short a lungo termine? Le evidenze cliniche riportano percentuali di sopravvivenza superiori al 95% a medio-lungo termine. La stabilità ossea marginale si mantiene nel tempo grazie al design a camere di osteogenesi e alla compattazione meccanica che caratterizzano gli short implant, rendendoli una scelta affidabile anche per follow-up oltre i 5 anni.
- Qual è la differenza tra short implant e impianto convenzionale? Gli short implant hanno una lunghezza ridotta (≤ 6–8 mm) rispetto agli impianti convenzionali (≥ 10 mm). La differenza principale riguarda l’indicazione clinica: mentre gli impianti convenzionali richiedono un volume osseo adeguato, gli impianti corti sono progettati per garantire stabilità anche in presenza di altezza crestale ridotta. Inoltre, l’approccio chirurgico è meno invasivo, poiché evita procedure rigenerative come il rialzo del seno mascellare. Dal punto di vista clinico, la letteratura dimostra tassi di sopravvivenza sovrapponibili tra short implant e impianti convenzionali a medio-lungo termine, rendendoli una valida alternativa nei casi selezionati.
- Gli impianti corti sono indicati nei pazienti con parodontite o riassorbimento osseo? Gli impianti corti possono rappresentare una soluzione nei pazienti con riassorbimento osseo verticale o atrofia dei settori posteriori, evitando procedure rigenerative complesse. Tuttavia, nei pazienti con parodontite non trattata è fondamentale prima stabilizzare la malattia parodontale, poiché l’infiammazione attiva compromette la prognosi implantare indipendentemente dalla lunghezza dell’impianto. Una volta ottenuta la stabilità parodontale, gli impianti short possono essere utilizzati con buoni risultati anche in condizioni anatomiche sfavorevoli, garantendo stabilità primaria e predicibilità a lungo termine.
- Gli short implant sono indicati per il carico immediato? Sì, in casi selezionati gli impianti short possono essere utilizzati anche con protocollo di carico immediato, a condizione che sia garantita una stabilità primaria adeguata. La letteratura clinica riporta tassi di sopravvivenza comparabili agli impianti convenzionali, soprattutto nei settori posteriori mandibolari. La corretta selezione del paziente, un’osteotomia dentale mirata e una pianificazione protesica accurata sono essenziali per ottenere risultati predicibili con gli impianti corti a carico immediato.