Rimozione di impianto fratturato: tecniche atraumatiche e riabilitazione immediata
La rimozione di un impianto dentale fratturato rappresenta una delle sfide più delicate in implantologia. Questo articolo prende spunto dal video clinico “Rimozione impianto dentale fratturato e riabilitazione contestuale” documentato dal tootor Andrea De Maria, che mostra passo dopo passo come sia possibile eseguire una rimozione atraumatica e procedere con la riabilitazione contestuale del sito grazie all’utilizzo della tecnologia magneto-dinamica (Magnetic Mallet).
Sebbene la frattura implantare sia una complicanza rara, le sue conseguenze possono compromettere non solo la funzionalità protesica, ma anche la qualità e la quantità di osso residuo disponibile. La gestione di un impianto dentale fratturato non si limita alla semplice estrazione della fixture: l’approccio moderno privilegia tecniche di rimozione atraumatica e protocolli di riabilitazione contestuale che riducono tempi e invasività.
L’obiettivo del clinico non è soltanto l’estrazione dell’impianto danneggiato, ma soprattutto la conservazione del tessuto osseo per garantire la possibilità di una riabilitazione contestuale. Questo approccio consente di ridurre i tempi di trattamento e migliorare il comfort del paziente, evitando procedure aggiuntive di rigenerazione e un secondo intervento.
Le moderne tecniche di rimozione atraumatica, che si avvalgono di sistemi specifici come il reverse torque o i kit di rimozione impianti dentali atraumatici, hanno l’obiettivo di preservare al massimo i volumi ossei. Quando le condizioni anatomiche lo consentono, il sito può essere immediatamente preparato per un nuovo impianto grazie a strumenti basati su tecnologia magneto-dinamica, come il Magnetic Mallet.
Questi dispositivi permettono una preparazione implantare a freddo, che non asporta tessuto ma lo compatta, migliorando la densità ossea e favorendo la stabilità primaria. In alcuni casi è possibile associare anche un rialzo di seno crestale, così da ottimizzare i volumi verticali e garantire il corretto posizionamento della fixture.
In questo articolo analizzeremo quindi le principali strategie per la rimozione di un impianto fratturato, i protocolli di riabilitazione immediata e i vantaggi offerti dalle tecniche di compattazione ossea magneto-dinamica in implantologia moderna.
Quando indicare la riabilitazione contestuale dopo la rimozione di un impianto
La possibilità di procedere con una riabilitazione contestuale dopo la rimozione di un impianto fratturato rappresenta oggi un grande vantaggio in implantologia, perché riduce i tempi complessivi del trattamento e limita il numero di interventi chirurgici necessari. Tuttavia, non è sempre indicata: il successo dipende da una valutazione clinica attenta e da condizioni anatomiche precise.
L’inserimento immediato di un nuovo impianto è consigliabile quando:
- l’osso residuo è sufficiente per garantire una stabilità primaria adeguata (generalmente >30–35 Ncm);
- non sono presenti infezioni attive o fenomeni infiammatori perimplantari;
- i volumi ossei non mostrano deficit verticali o orizzontali severi;
- si può ottenere un posizionamento corretto, rispettando parallelismo e spazi protesici.
In queste circostanze, la preparazione del nuovo sito implantare può essere eseguita anche con tecniche avanzate come la preparazione a freddo con compattazione ossea, utilizzando strumenti magneto-dinamici (es. Magnetic Mallet). Questo approccio consente di ottimizzare la qualità ossea e di ottenere un inserimento predicibile della fixture nello stesso atto chirurgico.
Viceversa, se l’osso residuo è insufficiente, la membrana del seno mascellare risulta perforata o la stabilità primaria non è raggiungibile, è preferibile optare per uno staging in due tempi. In questi casi si esegue prima la rigenerazione ossea (con rialzo di seno o innesti), lasciando che i tessuti guariscano, e solo successivamente si posiziona il nuovo impianto.
In implantologia la decisione di procedere con un inserimento immediato dipende soprattutto dalla possibilità di ottenere una stabilità primaria adeguata: senza questa condizione, il rischio di insuccesso dell’impianto aumenta sensibilmente.
La riabilitazione immediata non è limitata ai casi di frattura implantare: anche nelle terapie implanto-protesiche complesse con impianti post-estrattivi, come potrete vedere nel video “Riabilitazione estetica e funzionale dell’arcata superiore – parte 1” documentato dal tootor Giuliano Garlini, è possibile ottenere stabilità primaria e carico immediato con ottimi risultati estetici e funzionali.
Tecniche di rimozione atraumatica dell’impianto dentale fratturato
L’obiettivo principale nella rimozione di un impianto dentale fratturato è preservare quanto più possibile il tessuto osseo circostante, così da consentire una successiva riabilitazione contestuale o comunque un re-inserimento implantare con elevata predicibilità. Per raggiungere questo scopo, negli ultimi anni sono stati sviluppati diversi approcci e strumenti specifici, che riducono il trauma chirurgico rispetto alle metodiche tradizionali.
Reverse torque e gestione del torque di svitamento
La tecnica più conservativa è quella del reverse torque, realizzata con viti sinistrorse montate su cricchetto o su kit dedicati di rimozione impianti dentali atraumatici. Applicando una forza di svitamento controllata, l’impianto può essere rimosso senza danneggiare l’osso alveolare.
Il limite di questa metodica è rappresentato dalla resistenza dell’osteointegrazione: è fondamentale non superare valori di torque eccessivi, poiché si rischia di fratturare l’inserto o peggiorare la frattura implantare. Per questo motivo la manovra deve essere progressiva e interrotta se l’impianto non mostra cedimento dopo l’applicazione di una forza moderata. L’uso di kit dedicati di rimozione impianti dentali atraumatici consente di preservare l’osso e programmare con maggiore sicurezza un successivo re-inserimento implantare.
Uso selettivo di trephine e carotatrici per preservare l’osso
Quando l’impianto non può essere rimosso con il reverse torque, una valida alternativa è rappresentata dall’uso di trephine o frese carotatrici. Queste frese, di diametro leggermente superiore a quello dell’impianto, vengono utilizzate per asportare solo i primi millimetri della corticale ossea che ancora trattiene la fixture.
In questo modo si interrompe l’ancoraggio più resistente senza compromettere la porzione centrale del sito. Limitare la profondità della carotatura è essenziale per preservare il volume osseo residuo, facilitando un eventuale re-inserimento immediato dell’impianto.
Le frese trephine restano uno strumento prezioso quando l’impianto non cede con lo svitamento inverso (reverse torque), ma il loro impiego deve essere limitato ai casi in cui sia impossibile preservare l’ancoraggio corticale con altre metodiche.
Approcci complementari nella rimozione implantare complessa
Oltre a queste due metodiche principali, alcuni casi complessi possono richiedere procedure aggiuntive, come:
- l’uso combinato di frese ultrasoniche per liberare i margini ossei;
- il taglio parziale della fixture nei casi di fratture radicolari profonde;
- l’impiego di leve o estrattori dedicati, sempre con l’obiettivo di ridurre al minimo la perdita ossea.
La scelta della tecnica dipende dal grado di osteointegrazione, dal tipo di frattura, dall’accessibilità chirurgica e dall’esperienza del clinico.
Preparazione implantare a freddo con tecnologia magneto-dinamica
La fase successiva alla rimozione di un impianto fratturato è la preparazione del nuovo sito implantare. Negli ultimi anni si è diffuso l’impiego della tecnologia magneto-dinamica, che ha introdotto un approccio mininvasivo e altamente conservativo rispetto alle osteotomie tradizionali.
Compattazione ossea e controllo della profondità con Magnetic Mallet
Il Magnetic Mallet è uno strumento che utilizza impulsi magneto-dinamici per inserire progressivamente degli inserti conici di diametro crescente all’interno del sito implantare. La cosiddetta preparazione implantare a freddo non produce calore e permette una vera compattazione ossea, incrementando così la densità e la qualità del sito implantare. A differenza delle frese rotanti, che asportano tessuto osseo, questa metodica consente una vera e propria preparazione implantare a freddo: l’osso viene compattato lateralmente e apicalmente, senza perdita di volume e senza generazione di calore.
I principali vantaggi di questo approccio sono:
- aumento della densità ossea e quindi della stabilità primaria;
- migliore visibilità intraoperatoria, poiché non è necessaria irrigazione continua;
- riduzione del trauma chirurgico, con potenziale miglioramento del decorso post-operatorio.
Grazie al controllo millimetrico della profondità di inserimento, questa tecnica si rivela particolarmente utile nelle riabilitazioni multiple e nei casi in cui sia fondamentale mantenere un parallelismo ottimale tra le fixture.
Rialzo di seno crestale: stop, membrana e scelta dell’innesto
Il rialzo di seno crestale, o sinus lift transcrestale, rappresenta una soluzione meno invasiva rispetto al rialzo laterale e consente di lavorare con sicurezza in presenza di spessori ossei ridotti.
Un altro ambito in cui la tecnologia magneto-dinamica ha trovato ampia applicazione è proprio il rialzo di seno crestale. Negli spessori ossei ridotti del mascellare posteriore, infatti, la possibilità di deformare e sollevare delicatamente la corticale del pavimento del seno senza perforare la membrana rappresenta un vantaggio clinico significativo.
Gli strumenti troncoconici dedicati, dotati di stop millimetrati regolabili e punta concava, consentono di lavorare in sicurezza, evitando che l’osteotomo possa cadere all’interno del seno. In base all’altezza residua dell’osso, la gestione clinica prevede:
- Rialzi minimi (1–2 mm): spesso non è necessario alcun innesto, poiché la deformazione elastica della corticale è sufficiente.
- Rialzi medi (2–3 mm): indicato l’utilizzo di spugne di fibrina autologa, che favoriscono la formazione di coagulo stabile.
- Rialzi maggiori (4–5 mm): preferibile inserire un biomateriale riassorbibile a granuli grandi, capace di mantenere l’“effetto tenda” della membrana e di creare lo spazio necessario per la neoformazione ossea
Queste strategie rendono il rialzo crestale con Magnetic Mallet una procedura sicura, ripetibile e predicibile, con tassi di successo paragonabili a quelli dei rialzi tradizionali, ma con un’invasività ridotta e tempi operatori più brevi.
Inserimento dell’impianto e stabilità primaria in implantologia
Dopo la fase di preparazione del sito con tecnologia magneto-dinamica e, quando necessario, con un rialzo di seno crestale, il momento cruciale è rappresentato dall’inserimento dell’impianto. In questa fase l’obiettivo principale è raggiungere una stabilità primaria adeguata, condizione indispensabile per il successo della riabilitazione contestuale.
La scelta di un impianto conico si rivela particolarmente vantaggiosa: la geometria permette un migliore controllo della profondità di inserimento e riduce il rischio che la fixture possa migrare nel seno mascellare, soprattutto nei casi in cui il volume osseo basale sia limitato.
Un altro aspetto critico riguarda il torque di inserimento. Un’eccessiva compressione corticale può portare a microfratture e fenomeni di riassorbimento osseo marginale. Per questo è consigliabile mantenere valori di torque entro limiti fisiologici e, qualora il motore implantare raggiunga la soglia impostata, ricorrere alla tecnica della maschiatura: svitare parzialmente l’impianto e reinserirlo progressivamente, ottenendo così l’adattamento desiderato, senza stressare eccessivamente la corticale. In implantologia moderna la stabilità primaria è considerata il principale fattore predittivo di successo: valori di torque compresi tra 30 e 45 Ncm garantiscono una fissazione sicura senza eccessiva compressione corticale.
Questa attenzione al torque e alla distribuzione delle forze consente non solo di preservare la stabilità ossea, ma anche di ridurre il rischio di complicanze biomeccaniche sulla connessione protesica. In un quadro di implantologia moderna orientata alla conservazione dei tessuti, il controllo della stabilità primaria rappresenta quindi il ponte tra la fase chirurgica e il successo protesico a lungo termine.
Per approfondire la fase protesica e digitale, ti consigliamo anche il video “Riabilitazione implanto-protesica in full digital approach - parte 1” con il tootor Luca Lavorgna.
Errori da evitare nella rimozione e riabilitazione contestuale
Anche quando si applicano tecniche di rimozione atraumatica e strumenti innovativi come il Magnetic Mallet, ci sono alcune criticità che il clinico deve sempre tenere presenti. Gli errori più comuni possono compromettere il risultato sia in termini di stabilità primaria sia di rigenerazione ossea.
- Applicare un torque eccessivo durante la rimozione o l’inserimento: sia nel reverse-torque sia nella fase di posizionamento dell’impianto, una forza superiore ai valori consigliati può determinare fratture degli strumenti, microlesioni corticali e rischio di riassorbimento osseo marginale.
- Non verificare l’integrità della membrana del seno in caso di rialzo crestale: la perforazione non rilevata può causare complicanze post-operatorie e ridurre l’efficacia del rialzo. È sempre buona pratica controllare con sonda o imaging intraoperatorio l’elasticità e la continuità della membrana. uno degli errori più comuni in chirurgia implantare è trascurare la verifica dell’integrità della membrana del seno mascellare, elemento fondamentale quando si esegue un rialzo crestale.
- Forzare la riabilitazione immediata senza criteri adeguati: se non è presente un volume osseo sufficiente o non si raggiunge una stabilità primaria di almeno 30–35 Ncm, l’inserimento contestuale rischia di fallire. In questi casi è preferibile optare per uno staging in due tempi, con rigenerazione e successivo posizionamento dell’impianto.
Evitare questi errori significa ridurre complicanze intra e post-operatorie, preservare i volumi ossei e aumentare la predicibilità della riabilitazione implantare.
Rimozione di impianto fratturato: considerazioni finali in implantologia
La rimozione atraumatica di un impianto dentale fratturato non è una procedura di routine e richiede una valutazione clinica accurata. Solo analizzando attentamente i volumi ossei residui e la possibilità di raggiungere una stabilità primaria adeguata è possibile decidere se procedere con una riabilitazione contestuale nello stesso intervento. La combinazione di reverse torque, uso mirato di trephine e chirurgia magneto-dinamica con Magnetic Mallet offre oggi soluzioni affidabili per gestire la frattura implantare con approccio mininvasivo.
Come mostrato nel video clinico “Rimozione impianto dentale fratturato e riabilitazione contestuale” documentato dal tootor Andrea De Maria, l’impiego di tecniche come il reverse torque, l’uso selettivo di trephine/carotatrici e, soprattutto, l’applicazione della tecnologia magneto-dinamica con il Magnetic Mallet, consente oggi di lavorare in maniera meno invasiva, preservando il tessuto osseo e garantendo un inserimento implantare più predicibile. L’approccio alla preparazione implantare a freddo, basato sulla compattazione ossea, rappresenta un’evoluzione importante nell’implantologia moderna, perché riduce i rischi legati al calore e ottimizza la qualità del sito chirurgico.
Ogni caso clinico resta unico: nei pazienti con deficit ossei marcati o infezioni attive, il posizionamento immediato non è indicato e va programmato uno staging in più fasi.
Accedi a Tootor e potrai guardare anche il video di approfondimento “Grande rialzo di seno mascellare: come evitare le perforazioni - Parte 1” dedicato al grande rialzo di seno mascellare con approccio laterale, a cura del tootor Filippo Fontana, che illustra protocolli per gestire in sicurezza i casi più complessi ed evitare la perforazione della membrana.
FAQ
- Qual è la tecnica più conservativa per la rimozione di un impianto fratturato?
Il metodo di prima scelta è il reverse torque, con viti sinistrorse montate su cricchetto o kit dedicati. Permette di svitare l’impianto preservando al massimo l’osso. È fondamentale non superare torque eccessivi per evitare fratture dell’inserto o della fixture. - Quando è indicata la riabilitazione contestuale nello stesso intervento?
L’inserimento immediato è consigliabile solo se:- l’osso residuo consente una stabilità primaria >30–35 Ncm;
- non vi sono infezioni attive o difetti verticali gravi;
- si può rispettare il corretto posizionamento protesico.
In caso contrario è preferibile programmare uno staging in due tempi.
- In quali casi si ricorre alle frese trephine o carotatrici?
Le trephine sono indicate quando il reverse torque non è sufficiente. Si utilizzano per rimuovere i primi millimetri di corticale attorno all’impianto, riducendo l’ancoraggio più resistente. L’obiettivo è liberare la fixture con la minor perdita ossea possibile. - Quali vantaggi clinici offre la preparazione implantare con tecnologia magneto-dinamica?
La preparazione con Magnetic Mallet consente:- osteocondensazione a freddo con mantenimento delle componenti ematiche;
- migliore visibilità operatoria (assenza di irrigazione);
- incremento della densità ossea e della stabilità primaria;
- controllo millimetrico della profondità, utile nelle riabilitazioni multiple.
- Come gestire il rialzo crestale contestuale alla riabilitazione?
Con strumenti troncoconici dotati di stop millimetrati e punta concava:- rialzi minimi (1–2 mm): spesso senza innesto;
- rialzi medi (2–3 mm): con fibrina;
- rialzi maggiori (4–5 mm): con biomateriale riassorbibile a granulometria ampia per mantenere l’effetto tenda della membrana.