Impianti pterigoidei: stabilità e funzione

Carlo Cacciamani

Riportare il sorriso sui volti dei pazienti è una delle priorità principali di ogni dentista, in questo video vi presentiamo un caso realizzato da Carlo Cacciamani. Nello specifico, il tootor ha eseguito una complessa riabilitazione implanto-protesica dell'arcata superiore, utilizzando sei impianti, di cui due posizionati strategicamente nella regione pterigoidea.

Approfondiremo insieme il processo di progettazione del caso e i protocolli adottati per garantirne il pieno successo.

Video sponsorizzato da Osseotouch.

Impianti pterigoidei: guida completa a stabilità, pianificazione e carico immediato full arch

Perché scegliere gli impianti pterigoidei per la riabilitazione del mascellare atrofico

Gli impianti pterigoidei rappresentano oggi una delle strategie più efficaci per la riabilitazione del mascellare atrofico senza dover ricorrere a grandi innesti o a rialzi di seno estesi. Grazie al loro ancoraggio nella corticale delle lamine pterigoidee, consentono di ottenere una stabilità primaria elevata e di distribuire in maniera ottimale i carichi masticatori. Questa caratteristica li rende particolarmente adatti nei protocolli di impianto pterigoideo full arch, dove il paziente desidera una protesi fissa in tempi rapidi.
Le revisioni più recenti confermano un tasso di sopravvivenza elevato (≈95–97% a 1–6 anni), soprattutto quando gli impianti sono solidarizzati e sottoposti a carico immediato su Toronto Bridge provvisoria (Araujo et al. 2019).

Impianti pterigoidei o rialzo di seno? Indicazioni cliniche e alternative terapeutiche

Gli impianti pterigoidei o pterygoid implants diventano la scelta ideale in specifici scenari clinici:

Pianificazione digitale con dima chirurgica e strumenti dedicati agli impianti pterigoidei

Il successo dipende da una pianificazione digitale accurata con dima chirurgica per impianti pterigoidei, che garantisce la corretta inclinazione e profondità del sito implantare. Strumenti come osteotomi pterigoidei e dispositivi magnetodinamici (es. Magnetic Mallet) favoriscono l’osteodensificazione del mascellare posteriore, migliorando la qualità del letto implantare e riducendo il rischio di fratture del tuber (Bennardo et al. 2022).

Carico immediato su Toronto Bridge provvisoria: vantaggi degli impianti pterigoidei

Una delle grandi potenzialità degli impianti pterigoidei è la possibilità di procedere con il carico immediato su Toronto Bridge provvisoria. La combinazione di torque elevato, emergenze parallele tramite MUA e osteocompattazione consente di consegnare al paziente una protesi fissa in tempi rapidi, con un miglioramento immediato della funzione e dell’estetica.
La possibilità di eseguire un carico immediato su Toronto Bridge provvisoria rappresenta uno dei vantaggi principali degli impianti pterigoidei. Questo approccio si inserisce nel solco dei protocolli già consolidati in letteratura e nella pratica clinica, come mostrato dal Tootor Andrea Enrico Borgonovo nel video “Riabilitazione implantare Toronto Bridge: chirurgia – Parte 1”, dedicato alla gestione di mascellari edentuli e atrofici con impianti assiali anteriori e inclinati posteriori.

Dima chirurgica per impianti pterigoidei: doppia guida e pin di stabilizzazione

Il successo degli impianti pterigoidei dipende in larga misura dalla fase di pianificazione digitale. In questo caso clinico, la riabilitazione è stata eseguita in modalità full guided in due tempi distinti: prima l’inserimento degli impianti anteriori tiltati nel settore 1.4–24. (con apici stabilizzati nei pilastri canini), successivamente l’inserimento degli impianti pterigoidei attraverso una seconda dima chirurgica dedicata.
Il workflow tipico comprende:

  1. Studio estetico e funzionale con fotografie e modelli diagnostici, per definire i parametri protesici e guidare il posizionamento implantare.
  2. Pianificazione software (es. RealGUIDE), che consente di progettare una dima chirurgica per impianti pterigoidei con la massima precisione, prevedendo due guide separate su supporto mucoso.
  3. Stabilizzazione con pin: due vestibolari e uno palatale, per garantire rigidità durante la fase chirurgica.
  4. Test-fitting per verificare stabilità e ritentività della dima prima di procedere con le frese calibrate.

Perché due dime? In presenza di boccole convergenti (ad esempio tra un premolare e un impianto pterigoideo) una singola guida potrebbe risultare meno stabile. L’utilizzo di due dime dedicate consente invece di mantenere rigidità e precisione chirurgica, minimizzando gli errori di divergenza e migliorando l’accuratezza implantocentrica.

Preparazione dei siti implantari: tecnica ibrida con osteotomi pterigoidei e osteodensificazione del mascellare

La fase di preparazione del sito implantare è fondamentale per il successo degli impianti pterigoidei in riabilitazioni full arch. Nel caso clinico descritto è stato utilizzato un kit specifico per impianti pterigoidei in combinazione con il Magnetic Mallet, che consente di unire la precisione della chirurgia guidata con i vantaggi della tecnica manuale tramite osteotomi. L’osteotomo cilindrico da 1,8 mm, inserito in una boccola da 1,9 mm, garantisce infatti un controllo millimetrico del tragitto implantare.
La sequenza operativa prevede inizialmente l’utilizzo del mucotomo a bassa velocità (circa 60 rpm) per ottenere punch gengivali puliti e preservare la corticale ossea. Successivamente si procede con la fresa pilota decorticalizzante e con frese calibrate da 13 mm di lunghezza e diametri di 3,5–3,75 mm. Quando è necessario posizionare impianti più lunghi, ad esempio da 16 mm, si integra la preparazione con una fresa long dedicata.
Per gli impianti pterigoidei, il percorso inizia con l’osteotomo guidato oltre le lamine pterigoidee; a questo punto la dima chirurgica viene rimossa ed è consigliata l’elevazione di un lembo semplice. Questa scelta permette di avere una visione diretta del tuber mascellare, zona delicata e a rischio frattura, e di verificare con una sonda bottonuta il corretto tragitto osseo fino al processo piramidale dell’osso palatino.
Un passaggio chiave è rappresentato dall’osteodensificazione del mascellare posteriore, ottenuta con osteotomi pterigoidei conici o strumenti equivalenti (come il Black Ruby). Questa manovra compatta le pareti del sito implantare e migliora la qualità del letto osseo, incrementando la stabilità primaria anche in zone di osso trabecolare D3–D4. La letteratura conferma che l’osteodensificazione aumenta la percentuale di contatto osso–impianto (%BIC) e riduce il rischio di fallimento precoce (Bennardo et al., 2022 ).
Un’attenzione particolare va posta alle velocità di taglio: 600–800 rpm in osso D3–D4, fino a 1200 rpm in osso compatto (D1–D2), mentre il mucotomo viene utilizzato sempre a velocità molto ridotte per proteggere la lama e preservare l’integrità della corticale. Questo approccio ibrido guidato con osteotomi pterigoidei consente quindi di coniugare precisione chirurgica e miglioramento biomeccanico del sito implantare, rendendo più prevedibile il carico immediato su Toronto Bridge provvisoria.

Inserimento degli impianti pterigoidei: torque, MUA e protocolli di carico immediato

Dopo la fase di preparazione, l’inserimento degli impianti pterigoidei e anteriori segue un protocollo che punta a massimizzare la stabilità primaria. Nel caso clinico, il torque di inserimento ha raggiunto valori elevati, intorno a 55 Ncm, considerati ottimali per il carico immediato.
La connessione protesica è stata gestita attraverso l’applicazione di MUA (multi-unit abutment) con differenti angolazioni: 17° sugli impianti anteriori, 30° sui premolari e 45° sugli impianti pterigoidei. Questa scelta ha permesso di ottenere emergenze protesiche parallele, semplificando il flusso protesico e la costruzione della Toronto Bridge provvisoria. L’uso di MUA specifici per impianti pterigoidei in zona distale consente inoltre di correggere angolazioni sfavorevoli e migliorare la precisione della protesi avvitata.
La letteratura conferma come il carico immediato su impianti pterigoidei solidarizzati in arcate complete sia associato a tassi di sopravvivenza molto alti, con benefici sia in termini di predicibilità clinica che di soddisfazione del paziente (Araujo et al., 2019).

Anatomia pterigomascellare: analisi CBCT e considerazioni cliniche sugli impianti pterigoidei

La corretta pianificazione di un impianto pterigoideo full arch non può prescindere dall’analisi anatomica del distretto pterigomascellare tramite CBCT. La valutazione tridimensionale consente di studiare la lunghezza disponibile, lo spessore delle lamine pterigoidee, l’inclinazione bucco-palatale e mesio-distale e le relazioni con la fossa pterigo-palatina e con il seno mascellare.
Queste informazioni sono decisive per scegliere la lunghezza e l’angolazione ideali, oltre che per ridurre i rischi intraoperatori come la frattura del tuber o la deviazione del tragitto implantare. Secondo recenti studi CBCT, gli impianti pterigoidei offrono risultati predicibili proprio grazie alla possibilità di sfruttare corticali dense in un’area in cui l’osso trabecolare risulta generalmente di bassa qualità (Mirdah et al., 2025).
La conoscenza dettagliata dell’anatomia, unita all’utilizzo di dime chirurgiche dedicate e di tecniche di osteodensificazione del mascellare posteriore, rende oggi la chirurgia pterigoidea una procedura più accessibile e sicura, con tassi di successo comparabili o superiori alle tecniche rigenerative avanzate.
In alcune situazioni cliniche, invece, l’inserimento di impianti post-estrattivi consente di ridurre significativamente i tempi operativi, sfruttando le corticali residue e combinando eventualmente un rialzo del seno mascellare. Un esempio concreto è il caso mostrato dal tootor Giuliano Garlini nel video “Impianti post-estrattivi: l’ottimizzazione dei tempi”, dove esegue un posizionamento implantare nelle aree 1.5 e 1.6 e rialzo contestuale con materiali dedicati (Dental Tech).

Risultato clinico, follow-up e vantaggi degli impianti pterigoidei

Il caso clinico si conclude con la consegna in giornata di una Toronto Bridge provvisoria, resa possibile dall’elevata stabilità primaria e dalla corretta parallelizzazione delle emergenze protesiche. Il controllo radiologico conferma la perfetta corrispondenza tra la pianificazione digitale e il posizionamento implantare: gli impianti anteriori hanno sfruttato le corticali nasali, mentre gli impianti pterigoidei hanno mostrato un’inclinazione corretta e un ancoraggio sicuro nelle lamine pterigoidee.
Questi risultati confermano alcuni vantaggi chiave della chirurgia pterigoidea: la possibilità di evitare o ridurre al minimo gli innesti ossei, proponendo un’alternativa predicibile al grande rialzo di seno in mascellari atrofici; l’ottenimento di una stabilità primaria elevata grazie alla corticale pterigoidea e alle tecniche di osteodensificazione e osteocompattazione (D’Addazio et al., 2022); la possibilità di procedere con carico immediato, consegnando una protesi fissa in tempi rapidi, quando i parametri clinici lo consentono (Araujo et al., 2019).

Conclusioni: impianti pterigoidei e carico immediato full arch

La riabilitazione full-arch con impianti pterigoidei rappresenta oggi una strategia affidabile per il trattamento del mascellare posteriore atrofico. Unendo pianificazione su CBCT, utilizzo di dime chirurgiche dedicate, preparazione con osteotomi pterigoidei e protocolli di osteodensificazione, è possibile raggiungere una prevedibilità elevata e offrire ai pazienti una protesi fissa in tempi ridotti. Il caso mostrato conferma la coerenza tra progettazione digitale e risultato clinico, con emergenze parallele e stabilità tale da consentire la consegna di una Toronto Bridge provvisoria in giornata.
Va tuttavia sottolineato che la scelta tra impianti pterigoidei e tecniche rigenerative come il rialzo di seno deve sempre essere basata su indicazioni specifiche: anatomia del paziente, aspettative estetico-funzionali e fattibilità protesica restano i parametri decisivi.
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FAQ

  1. Cosa sono gli impianti pterigoidei e quando vengono utilizzati?
    Gli impianti pterigoidei sono fixture inserite nella regione delle lamine pterigoidee del mascellare. Vengono utilizzati soprattutto nelle riabilitazioni del mascellare atrofico, quando non vi è sufficiente osso posteriore per l’inserimento convenzionale e si vuole evitare un rialzo di seno.
  2. Quali vantaggi offre un impianto pterigoideo full arch rispetto ad altre soluzioni?
    Un protocollo con impianto pterigoideo full arch permette di ridurre o eliminare la necessità di innesti ossei, garantire un’elevata stabilità primaria e realizzare un carico immediato su protesi fissa, come la Toronto Bridge provvisoria, con tempi clinici ridotti.
  3. Qual è il ruolo della dima chirurgica negli impianti pterigoidei?
    La dima chirurgica è fondamentale nella pianificazione e inserimento degli impianti pterigoidei, perché guida l’angolazione e la profondità, aumentando la precisione e riducendo il rischio di errori. Spesso si utilizzano due dime separate per mantenere rigidità quando si combinano impianti anteriori e pterigoidei.
  4. Come funzionano gli osteotomi pterigoidei e perché sono importanti?
    Gli osteotomi pterigoidei vengono impiegati per preparare il sito implantare con una tecnica ibrida. Oltre a guidare il tragitto oltre le lamine pterigoidee, consentono di eseguire osteodensificazione del mascellare posteriore, compattando l’osso trabecolare e migliorando la stabilità primaria degli impianti.
  5. È possibile il carico immediato con impianti pterigoidei?
    Sì, quando il torque di inserimento è adeguato e gli impianti vengono solidarizzati, gli impianti pterigoidei permettono un carico immediato, con consegna di una protesi fissa provvisoria (ad esempio una Toronto Bridge) già in giornata. Questo approccio è supportato dalla letteratura, che evidenzia alti tassi di sopravvivenza nel medio-lungo termine.
  6. Gli impianti pterigoidei sono sicuri quanto i pterygoid implants descritti in letteratura internazionale?
    Gli pterygoid implants, ampiamente studiati anche a livello internazionale, hanno dimostrato percentuali di sopravvivenza comparabili agli impianti convenzionali, purché la procedura sia eseguita con una corretta pianificazione su CBCT, utilizzo di dime chirurgiche dedicate e tecniche di osteodensificazione per garantire stabilità primaria.